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È veramente utile girare in 4K o 8K?

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Qualche riga senza parlare di particolari brand o modelli di strumentazione. E’ veramente necessario al momento girare a risoluzioni di gran lunga più grandi del classico Full HD come 4K o 8K? Non necessariamente, ma può portare grandi vantaggi.

Lo spunto di riflessione nasce dal fatto che la questione è ancora oggi dopo molti anni davvero dibattuta tra amatori e anche operatori del settore.

L’ovvia premessa è che la scelta migliore sarebbe quella di optare per uno strumento o per l’altro in ragione di cosa sia necessario realizzare, senza farsi influenzare dal costante bombardamento di marketing e prestando possibilmente più attenzione alla scrittura creativa e alla narrazione.

Tuttavia è molto difficile sfuggire all’appeal dell’ultimo ritrovato tecnologico, soprattutto se può anche garantire o facilitare una superiorità sul mercato proprio in ragione del fascino e dello stupore che è in grado di generare. Un loop infinito…

Filmare ad alte risoluzioni, comunque, porta con se sicuramente dei grandi vantaggi, ma che non hanno nulla a che vedere, se non secondariamente, con la dimensione dell’immagine una volta riprodotta.

Basti pensare che lo standard cinematografico attuale (nei DCP) è fermo a una risoluzione di 4096×2160 (4K DCI); i sistemi capaci di risoluzioni maggiori sono ancora l’eccezione e solo di recente sono iniziate le prime vere trasmissioni streaming e broadcast in UHD (3840×2160).

Gli stessi Blu-ray 4K sono ancora giovani e poco maturi nonostante le prime TV 8K siano già sul mercato.

Ovviamente, più grande sarà il frame del master e più l’opera finita sarà scalabile e a prova di futuro, ma i veri vantaggi al momento sono esclusivmente di tipo tecnico e creativo e si manifestano in fase di post-produzione principalmente con la possibilità di effettuare reframing dell’immagine o di lavorare su un maggior dettaglio registrato, massimizzando la precisione e la qualità di interventi di effetti visivi o correzione colore.

Quindi ha senso filmare in 4K oppure no?

Considerando che la risoluzione di consegna di un progetto attualmente è 4K nel migliore dei casi o quasi, effettuare un ridimensionamento dell’immagine è dunque qualcosa che può esser fatto a cuor leggero se il girato nativo è addirittura più grande; una possibilità non da poco se si pensa che è estremamente frequente in fase di post-produzione raddrizzare, centrare meglio un’inquadratura, modificarne la composizione o magari stabilizzarne il movimento.

Tutti processi che di norma, girando a risoluzioni più basse, rendono necessario l’ingrandimento dell’immagine a più della sua originale dimensione, degradandone la qualità e producendo il tipico effetto sgranato.

Un altro vantaggio molto importante, forse il più importante, è quello del dettaglio finale percepito e della riduzione del rumore nativo dei sensori.

Tutti sappiamo che ogni strumento di registrazione produce immagini con un certo livello di dettaglio e con un determinato quantitativo di rumore di fondo, più o meno visibile in base a tutta una serie di variabili come tipologia di camera utilizzata, codec di registrazione, impostazioni di camera e risoluzione di registrazione.

Il vantaggio interessante in questo caso è che pur finalizzando il lavoro a risoluzioni più basse, il dettaglio percepito sarà maggiore rispetto ad aver girato nativamente alla medesima risoluzione utilizzata nell’export finale; questo grazie al fatto che un maggior numero di pixel saranno compressi e inseriti in un’immagine più piccola, riflettendosi quindi positivamente anche sul rumore di fondo, che risulterà molto più piccolo e probabilmente in certi casi addirittura non più visibile.

Un minor disturbo finale darà poi non solo il piacere di visionare un’immagine più pulita, ma anche e soprattutto il vantaggio di creare file di più alta qualità a parità di bitrate (la quantità di dati registrata o trasferita in un certo intervallo di tempo); un’immagine priva o con poco rumore è infatti più semplice da descrivere matematicamente dall’algoritmo del codec, riducendo quindi la presenza di artefatti visivi causati dalla compressione. Effetti chiaramente visibili nei più comuni file mp4 a bassa qualità o nei DVD.

In casa MaGestic non amiamo le immagini clinicamente pulite e aggiungere il giusto quantitativo di grana in post-produzione riporta alla mente le belle immagini della pellicola.

Tuttavia, è bene considerare che il rumore generato dalle camere digitali non ha la stessa qualità e la stessa organicità di quello della pellicola, è buona norma dunque ridurlo il più possibile e con ogni mezzo, soprattutto se si utilizzano cineprese o fotocamere di fascia più bassa che non sono in grado di restituire immagini ricche o che utilizzano nativamente codec di registrazione molto comprimenti, come l’H.264.

1080, 4K, 6K, 8K, 12K: cosa scegliere?

In definitiva, contrariamente a quanto dicono ancora in molti, girare ad alte risoluzioni è effettivamente molto utile anche se il prodotto verrà finalizzato ancora solo in Full HD. Non è in ogni caso una decisione da prendere alla leggera e l’ideale è sempre affidarsi o farsi consigliare da qualcuno con esperienza.

Girare a risoluzioni più alte potrebbe infatti causare diversi problemi più o meno gestibili, non solo nelle fasi di post-produzione (con la necessità di workstation più performanti, rallentamenti, crash di software e lunghi tempi di caricamento) o esportazione, ma anche in registrazione; alta risoluzione significa infatti dover gestire molti più dati, saranno quindi necessari più supporti di registrazione e archiviazione, non solo più capienti ma anche più veloci, così da mantenere bassi i tempi di scaricamento e di backup, una variabile la cui complessità potrà variare a scalare in base al progetto, alla risoluzione utilizzata e al codec di registrazione.

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Stefano Venosta

Metalhead & film-maker proudly gaming since 1986, lo stesso anno di Labyrinth, La mosca, La piccola bottega degli orrori e Grosso guaio a Chinatown, tra i tanti. La cosa, Alien e Robocop sono arrivati prima, ma va bene così.

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